Il Centro_23 luglio 2018

Il Centro_19 aprile 2014

Il Messaggero_8 marzo 2014

http://www.pescarapescara.it/tempo-libero/29/01/2014/il-museolaboratorio-alla-fiera-svedese-dellarte.html

Il Museolaboratorio alla fiera svedese dell’arte

La struttura sarà l’unica a rappresentare l’Italia tra le 30 nazioni partecipanti
 

Un grande riconoscimento e un’occasione unica per i musei d’Abruzzo  per ì vedere valorizzato il proprio impegno e lavoro. Il Museolaboratorio, ex Manifattura tabacchi di Città Sant’angelo, infatti sarà presente  alla prossima edizione della fiera svedese Supermarket 2014 – Stockholm Indipendent Art Fair, in programma dal 14 al 16 febbraio, come unico espositore italiano fra le oltre 30 nazioni e gli 80 partecipanti. Con il supporto dell’amministrazione comunale di Città Sant’ Angelo e di Italienska Kulturinstitutet C.M. Lerici di Stoccolma, il museo, sceglie un percorso d’interconnessione multidisciplinare geolocalizzato a rappresentanza extranazionale del suo lavoro. Per questo appuntamento, curato da Enzo De Leonibus, sono stati selezionati tre artisti: Lucilla Candeloro, Francesco D’Incecco e htcos, che proporranno opere, sia rodate che inedite, “costruite” nel corso degli ultimi anni all’interno dello spazio espositivo abruzzese.

IL SANNIO_24 Gennaio 2014

CATARSI IN NERO Il Centro 16 luglio 2012

Avere il coraggio di perdersi per poi ritrovarsi

Intervista a Lucilla Candeloro. Quando arte e natura avvicinano alla salvezza

"Catarsi in nero" è il nome della nuova mostra dell'artista

di Benedetta Izzo

   

Nei labirintici vicoli di Città Sant’Angelo, nei quali non è difficile perdersi, come in molti altri borghi abruzzesi, ho fermato una donna per chiederle dove si trovasse il MuseoLaboratorio. Mi ha gentilmente invitato a seguirla, dato che anche lei si recava al vernissage “Catarsi in nero” di Lucilla Candeloro. 

Più di una volta mi ha avvolto la sensazione, magica e tangibile, di poter camminare tra i tronchi bruciati rappresentati nelle sue opere, grazie all’immensa profondità di cui le ha dotate. Di nuovo ho avuto la sensazione di perdermi - come nei vicoli del paese - in quella celebrazione di una natura, che anche se colpita nel suo centro vitale, continua a parlarci con la poesia di sempre. Dopo l’incanto provato di fronte alla perfetta armonia che era stata creata tra le opere e la magnifica struttura che le accoglieva ho rubato una breve intervista all’artista.

La catarsi è un fenomeno studiato già nel mondo greco. Alla base vi è una concezione filosofica dell'arte. Questa non è fine a se stessa ma ha la funzione di sollevare e purificare l'anima dell'osservatore permettendogli di vivere intensamente determinate emozioni o inquietudini per poi risolverle. Lucilla, la tua mostra si chiama "Catarsi in nero". Perché questo nome?

Dopo una piacevole chiacchierata con Enzo De Leonibus e Domenico Spinosa ne è venuto fuori che questi lavori, pur nascendo da una riflessione sull’idea di malattia e morte intese come piaga del singolo tanto quanto della società, non apparivano come letture negative, come un qualcosa in cui tutto finisce. Abbiamo perciò optato per questo titolo in quanto l’idea di “salvezza” riesce comunque a prevalere, vuoi per l’uso della luce vuoi per il movimento ascensionale all’interno delle singole composizioni.

Le tue opere rappresentano una natura nella quale sembra doversi perdere, per poi in qualche modo, ritrovarsi. E' proprio così?

Sì, spero sia così anche per il fruitore. Per me lo è stato.

La cura con la quale dipingi dettagli di paesaggi riarsi ne lascia emergere dei tratti antropomorfi che ispirano un sentimento "panico" di riappropriazione dell'esterno attraverso l'identificazione con esso. Come sono nati questi soggetti? 

L'osservatore prova queste sensazioni, immagino che per te sia stato lo stesso, nella prospettiva però, del processo di creazione. Questi nuovi lavori nascono da una prima serie di “alberi bruciati”, una sorta di trasposizione di un uomo in balia di un momento storico difficile. Questa, oltre al fatto di essere sempre stata legata alla figurazione e appunto, come sai, venire da un periodo di approfondito studio sui ritratti, rende questi paesaggi così fortemente antropomorfi. Credo che ci siano diversi fattori che contribuiscano al cambiamento di un lavoro e tra questi una sorta di necessità-pretesto, le esperienze personali e un pizzico di casualità.

Prima ti occupavi quindi di ritratti, per altro fortemente caratterizzati dal punto di vista psicologico. In realtà anche in questi dipinti si percepiscono delle presenze. Questo aspetto è voluto o nasce dalla sensibilità dell'osservatore?

Queste “presenze” non sono ricercate nel momento della creazione. Tuttavia in una seconda fase di realizzazione, e cioè quella dell’osservazione e della messa a punto, queste vengono lasciate libere di emergere.

Il bianco e il nero si fondono dando vita a riflessi argentei. Che tecnica utilizzi?

In questi nuovi lavori ho utilizzato carboncini, grafite in polvere e ossido su carta.

Qualsiasi soggettività si rivela in modo frammentario attraverso intuizioni di singoli dettagli. Pensi che davvero l'arte possa "ordinare" queste parti fondendole nell'idea di un "intero"?

Penso che l’arte possa essere una chiave di lettura ma non che questa debba necessariamente tendere verso un’idea di “intero”. Credo che l’”intero” sia dato dalle soggettività e penso sia giusto che le unicità restino tali anche all’interno di un tutto.

Solitamente preferisci dipingere in un momento particolare della giornata? Che stato dell'anima, secondo te, è quello più prolifero per l'ispirazione di un'artista?

Preferisco lavorare dal mattino presto, sicuramente prediligo dipingere con la luce naturale e quindi amo lavorare durante il giorno. Penso che la tristezza tanto quanto la felicità siano a loro modo stati d’animo che ti permettono di lavorare intensamente. Se il primo è più legato ad una necessità il secondo è probabilmente più sincero. 

 

 

Molti credono che l’arte permette di riappropriarsi di un esterno ineffabile e incomprensibile attraverso la mediazione del proprio io. Non so se questo sia vero, so solo che dopo essere entrata e uscita più volte dai boschi bruciati e animati da voci antiche, cui la mano di Lucilla Candeloro ha regalato l’eternità, trovare la via d’uscita dal paese è stato semplicissimo.Entrare nel labirinto di se stessi, tesse un filo d’Arianna per trovare l’uscita da qualsiasi strada esterna.

"Catarsi in nero".  Mostra personale di Lucilla Candeloro

a cura di Enzo De Leonibus
con il contributo critico di Domenico Spinosa
date : 12 luglio / 8 settembre 2012
orari : aperto tutti i giorni dalle 19,30 alle 23,30
lunedì e martedì chiuso

 19 luglio 2012

 

 
 
 
 

 

L. C. : "Già dalla prima elaborazione di un progetto, da sempre, prediligo il disegno come strumento d'indagine e restituzione dell'idea per l'immediatezza che lo contraddistingue. La vasta serie di volti cui ho lavorato dal 2006 ad oggi possono essere ascritti in una sorta di raccolta fisionomica: nascono da una prima selezione fotografica di persone conosciute e non. È una specie di inventario, una ricerca d'identità senza fine, ritratti in bianco e nero disegnati a matita su carta che nascono da un groviglio indistinto di segni attraverso una calibrata equilibratura degli stessi, per accumulo o per sottrazione, per cancellature, con un procedimento spesso ai limiti di un performance, per le grandi dimensioni del supporto. "Immagine negata" è il primo volto disegnato su fondo nero, un omaggio all'artista Angelo Colangelo e al suo lavoro, citato appunto nello stesso titolo, in cui si ribalta il processo di creazione dell'opera. Qui il segno non scava per lasciare emergere i lineamenti ma li omette.Tutto il lavoro lo intendo un fare sociale, utile alla relazione con gli altri, comunicazione, per condurre alla riflessione sull'esistere allo stato attuale. Nella nuova serie di lavori presentati in occasione della personale in corso fino all'8 settembre presso il Museo Laboratorio Ex Manifattura Tabacchi di Città Sant'Angelo, pur partendo da un nuovo tema e cioè quello degli "alberi bruciati", nonostante la diversità del tema, permangono delle presenze antropomorfe, continua la ricerca dell'identità e di un approccio psicologico". 




              

Tieni d'occhio quest'artista 
è una sezione di "Exibart" nella quale Lucilla Candeloro è comparsa qualche tempo fa. Seguendo questo consiglio ci siamo messi sulle sue tracce, e abbiamotrovato dei disegni molto interessanti. Benché l'artista utilizzi anche fotografia e video, è infatti sul disegno che ci piace concentrare la nostra attenzione. In questa occasione in particolare vogliamo presentare e indagare quello dei volti: disegno e volti, quindi tecnica e soggetto. Il disegno a matita è una scelta particolare in quanto non privilegia il colore ma solo il bianco enero, o meglio ancora il bianco e la scala dei grigi che si riesce ad ottenere con la grafite, come dire luci e ombre delle immagini. È una tecnica che l'artista sente naturale e quindi immediata, e che per questo le permette «di arrivare prima al nocciolo della questione, di entrare dentro le cose, di scavarle». Con questa tecnica antica e classica Candeloro realizza volti realisti, che non vengono tuttavia direttamente dalla realtà del ritratto dal vero, in quanto passano prima attraverso il mezzo fotografico. I soggetti sono amici, parenti e sconosciuti, persone che l'artista fotografa dal 2006, costruendo una sorta di archivio. In questo modo viene rimesso in gioco un genere - quello del ritratto - un po' dimenticato, e anche una tecnica e un metodo del passato come la fisiognomica, che tenta di tracciare un profilo psicologico-morale attraverso i tratti del volto. Dice a proposito Candeloro: «Mi sono sempre cimentata sul figurativo. A una prima fase di studio della figura umana ne è seguita una sui volti, in quanto mi sono interessata a un aspetto psicologico, a un recupero della individualità». Eppure ciò che colpisce, oltre all'indubbia individualità che ogni ritratto contiene, è un alone di universalità che questi volti emanano,forse perché possiedono tutti qualcosa di antico, e forse perché tutti dicono qualcosa sulla vita e la morte. Quest'ultimo discorso passa pure attraverso i disegni di paesaggio, sempre riferiti ad alberi bruciati, che sono per l'artista «un pretesto d'indagine a partire da una riflessione sul  tema della malattia e della morte, intese come angoscia non solo del singolo ma dell'intera società».


(
da "FUORIUSO IN OPERA", catalogo, 2012, pag. 10)